venerdì 30 aprile 2021

PADRE

Inspiri enzimi che ti rabboccano il cielo
Ombre del tuo presente nel fuoco che arde,
Il frutto del seme si brucia.
Lacrime amare in rivoli di niente chiamano il tuo nome
Ti invocano per sempre, ovunque distruggimi ovunque abbandonami

La carovana bruna dei sogni fa delle stelle un sorriso distorto
Nelle notti di canti senza fine, quelle che han detto
al mio cuore amico restami sempre infedele.
E cosi vaghi, e poi vago, ci incontreremo tra i piccoli conti amari

Mi sei germogliato tra le braccia nel presente instabile
Nel futuro inverosimile ho affamato la bestia fragile
ti ho sempre solo detto addio tra le nuvole ed i temporali
Non abbiamo mai vinto. Ci siamo mangiati gli organi, ci siamo dati miele.

E  le Mani che mi avvolgono ora nei vicoli che mi scarnano
Che la bambina ha detto di no, poi la bambina ha pagato il si,
Sulle terrazze di Milano tumore a rincorrere il vento del treno che muore
Nelle nostre vincibili battaglie di troppe malfamate ore.

Sogni di amianto e di cenere che nella migliore delle ipotesi
sono dissolvenze mal viste, sono avventura di un attimo e corone di spine
Tra i nostri occhi che si fanno mattino, loro si perdono e si uccidono
Nel presente esasperato di notti fradice di sogni di mare.

Poi lui ricorda, urlava nella strada l’amore che ha perso
Poi si sa è scomparso come una nota di inestimabile conto
Ne è rimasto l’amore in bocca e il colore del sale
Mentre ti ho gridato padre, ti ho urlato padre, infine, ed ancora padre.

Sono questa io, ti ho urlato padre. Madre.

mercoledì 13 maggio 2020

BLUES NOTTURNO


Casa non era mai stata così lontana.
Il cuore masticato volava oltre il freddo corto e maledetto,
astro veloce ed incessante, ammasso stellare scorretto.
Fantasia di un ora, sogni in collisione con l’altalena di un effimero umore.
Inseguendo strade vuote,
Crateri che si prosciugano,
Sulle vette più alte,
Senza nessuna rete
nessuna protezione
nessuna rete ancora
Mentre si può annegare
Balla sconnessa
Questa mutevole alluvione.

E la cima si sgretola ed il vento impazza
Scongelando pensieri arditi
che di saziarsi d’aria non san più come fare,
di giorni di rubata gloria ed insonni notti che si espandono
Esplode la corazza
ma ripetimi quale
Piovi dal soffitto
E vienimi ad armare
Cielo di pioggia fine
vienimi a scoprire
Bevendo dagli occhi
ogni goccia di mare
risorgere dalle onde di ogni temporale.

Ed i corpi si dimenano nella danza del vuoto ignoto
Si affannano e si incendiano
intonando nel buio quell’incessante incomprensione
Mentre il soldato della mia gola
Ha dato alle lacrime amare scudi di cartone
E la lingua ha fatto da detonatore
Forse sto tornando a casa
Dove si trovi mai lo vorrò sapere
E tu non dirmi dove
Annaffia il mio cuore
Beviamoci anche il cervello e tutte le puttanate
Ma non ditemi come
Voglio continuare a ballare.

Dita di un aurora che sciabola quel silenzioso rumore.

GERMI

Silenzio immobile in un immutato attimo di sedazione
Parole che inseguono parole
Madre fatti curare dalle mie paure
che gli abbracci divengano un giorno legali anche per noi
che da millenni ne abbiamo fatto una questione d’affanni e capogiri,
Ma forse è questo virus e non sto respirando bene o forse mi si apre il cuore.
Non so bene come, non so realmente dove.
L’insostenibile colore del cielo e dei tuoi occhi
così vicini da confondere anche la gravità più razionale
Così lontani nel tempo di un ora sola che aspetto sull’uscio in massacrante attesa.

L’amore illegale che trapassa ed ingoia le notti,
Che si insinua in quel caldo dolore di ardente passione,
Che non brucia in fretta, ora che nelle mie mani vive il nostro sapore.
Urlano i muti ed i ciechi imbracciano fucili di cartone,
Laddove l’erba ricresce con forza al di là di ogni nostra decisione,
Ma io sono persa negli abbracci che hanno il suono del tempo
Sono alba e notte, sono luce ombra e sole
Mentre una lacrima scende ed una muore
E la pioggia interna non mi invade più se non ad ore,
L’umore del viaggio scandito da una realtà così pura e senza nome.

Desidero le tue braccia proteggere l’inspiegabile
E nel potentissimo turbinio di voci e urla di ogni sapore
Ritrovo il senso della vita , il mio folle incantevole amore.
Ho percorso chilometri di strade infuocate e tortuose
Ho lottato a mani nude con i demoni di quest’inferno terreno
Ho riscoperto nel buio note solo mie dal colore di brividi d’amore 
accarezzare quel che rimaneva di un buco nero senza nessun contorno
L’anima persa e ritrovata, la terra sgretolarsi nella danza della trasformazione

Il  vecchio amico deserto che di visioni paraboliche mi ha innondato
che è diventato deserto mondiale, deserto di morte e di speranza oltre ogni dove
Deserto che mi eri nemico amorevole ti sei violentemente insediato
Ed in quel deserto io finalmente correndo più veloce del vento ti ho ritrovato.
Ruba il colore dei miei occhi di corallo ed il sapore della pioggia incessante
Ti farò dono del mio universo di forza e di ossessione stringendoti al mio petto
Ora che di questi tempi non so cosa né rimarrà,
il semi-tono d’un battito d’ali di cera a questa vita aggrappato
ma di una cosa sono certa, per ogni momento di silenzio che urla
un bacio anche solo pensato sarà la cura ad ogni maledetto giorno rubato.

martedì 15 ottobre 2019

TOTAL CONVULSI




Le pupille dei tuoi occhi piccoli non erano albe che brillavano,
Occhi bruni che sono come proiettili.
Amore vuoto, quante rapine, quanti cuori, quanto rumore.
Poi per niente, poi per niente.
Per odiare ed amare  quell’assillante quiete,
Poi il nostro inutile, il nostro esile stabile.
Quanta fame, amore, quanto ardore dissimulato al sole.
Siamo fragili, colloquio infausto di due ore,
Siamo acqua che sgorga quando abbiamo fame.

Quel dolore ha straziato il tuo cuore
che mai potrò curare.
Io non sono più brava se razionalmente devo guardare.
Tu sei perso nelle rive senza mare
Il sale ci distrugge quando brucia in silenzio,
noi che ci perdiamo nel vento.
La morte che ci ha fatto piangere ancora.
La vita che ti ha fatto ancora ballare.

Ed i mostri inghiottivano ogni cellula del tuo corpo rubandola al sole.
Chiamavo i pianeti per farti salvare, il mio nucleo era essenzialmente d’amore.
Nei tuoi turbamenti si celava un mostro ancora sconosciuto.
Io lo chiamavo ardore e cristallo grezzo, immaginandolo un dono prezioso,
Ma l’ho confuso con quella malattia che mangia l’anima in un silenzio assorto
Non il disturbo di traumi urlati nei viali dei nostri corpi né
il buio che ti sussurra la notte mille e più pensieri che si rincorrono.

Ho visto la follia della violenza inaudita,
totale perdita di controllo ignorata per una vita
Malattia e disturbi lasciati nel fondo delle scarpe
Cosi, giorno dopo giorno ho vissuto e respirato
Esseri che sorridendo al mondo si mangiavano il cuore
Strappando con i denti il dolore dopo averlo accarezzato
In silenzio per non far rumore, fino ad esplodere in una catastrofe nucleare.
Mi sono vista morire, ti sei visto come un’universo collassare.

Ed ora mi puoi sorridere per mille miglia, ma ho visto il vuoto
Il sacrosanto dolore delle piaghe nel cuore.
La debolezza che diviene rumore , lei si che assorda il calore,
Ed in quel caldo ho perso millesimi di anima mentre tuonavo il tuo nome.
Siamo morti nell’inutilità di un  prosciutto e nei discorsi di verdi banane,
Nei mari pirata che ci hanno fatto sognare,
In un attimo di quiete, ed uno mal vissuto istinto di mare,
Un male di miele che ci ha fatto incontrare.

Siamo solo esseri che vivono tra i coralli e l’ignoto
Ed io  provo a gridarlo ancora. Lo urlo con la speranza,
con  quell’ineffabile ardore,
Ma quando l’orecchio è muto, l’anima appassisce senza far rumore
Io mi stringo. Combatto. Accelero.
Ma  che ci vuoi fare!  Ognuno ha il diritto di poter sbagliare.
Costruisco il giorno per  poter risalire,
La vita nel profondo sono i miei occhi che continuano a girare.

Nelle mie grandi speranze io non posso,
Io nell’anima mia non posso,
Io per la mia musica chiedo di più.

Dov’è il mio riso, dove’è rimasto,
Dove sei tu, dove sono io, le nostre ore d’argento, dove?
Io non volevo nulla, e nulla voglio ancora.
Ma mi hai rapita un giorno d’estate, mostro di un ora.
E nel tuo sguardo io sono caduta, nuovamente ho fallito.
Allora urlo sola, lasciamo stare,
Lasciamoci andare.
Lasciamo vivere ogni canzone.

Ogni contatto,
nuova magia,
ogni vita,
ogni desiderio.
Ogni sussurro che per poco ci sfiora.

domenica 2 giugno 2019

Tre Guerilla

Tu fai televisione 
con i sacri dinosauri del cinema.
Io faccio incontri atomici
in fila ai bagni chimici.
E non conosco il tempo dove abbiam incrociato le nostre anime di sale
In allucinazioni distorte e perverse
Il cuore scoppia d’argento e di mare
Ed il vento ulula di uno sfiancante ardore.

Le pietre dei mie passi di corallo
Il dolce sfiorare lento
che sa di torpore e di ruggine,
Che parla ai passanti distratti
Nei terremoti delle mie vite precedenti.
Scompaiono tra le dita tutti i presenti tragicomici,
Si perdono in anfratti fradici i nostri sette cuori laceri.

Nello scoppiare di stelle in aridi deserti battiti senza ali che si innaffiano di fame
Che hanno l’urgenza d’un velenoso amare,
Io che ti ho chiesto di vivere.
Io che mi son persa per morire.
Le rinascite pazienti delle nostre vene che hanno il sapore di quelle fragole amare.

Tu che perdevi sempre gli occhiali da sole
Ed io che non ti trovavo più.
Perso negli hotel devo i caricabatterie venivano mangiati dai letti sfatti
Nelle notti d’amore e di violenza che si rincorrevano di speranze,
noi che assomigliavamo più a dei mimi.
Dolci parole di un inafferrabile mutezza.

E da allora sento un vuoto nel quale il mio corpo precipita.

venerdì 1 marzo 2019

AVE MARIA

Cinismo bieco da quattro soldi.
Non conosci il dolore dell’amore incondizionato.
Tu vivi nel mondo giorno dopo giorno
tirando a campare, inventandoti una strada buona.
Io ho un amore,
non ho una mercato cosciente
lui è accondiscendente e tirannico in ugual modo.

Cinismo bieco, tu non sai cosa sia la dedizione
il sacrificio  buono, la vita mordente.
Mi togli dal ventre il germoglio semi nato
lo bruci, lo accusi, lo giudichi e lo sventri.
Lo stomaco si contorce
la coscienza non attenua lo scontro,
l’impatto, vivido e feroce mi mangia le notti bianche
Che nell’incubo barbaro si addormentano
senza respiro si svegliano dopo un battito di cuore.

Cuore che vive , poi  sogna e crede,
un cuore che sanguina , muore e sempre si ricompone.
Come un miracolo, una maledizione.
Non mi avete uccisa,
la nave supera le vette delle vostre accuse,
non mi avete fatta vostra,
il mio percorso è pieno di mostri che non si nascondono.

Chiedo, solo penso,
dove vive quell’umanità che a me sembra cosi ovvia?

venerdì 23 novembre 2018

La sottile linea inutile

Monitor che sputano distruzioni di massa
Giudizi e arroganze che mi innondano il cuore,
La forza di distruggere e di non essere nulla.
Sentenze e assenze in
Parole che non hanno voce,
Nelle voci di chi non ha parole
Rumori di inettitudini e piedi scoperti.

Cuori senz’occhi,
Occhi che han perso il bello,
Bello nei cieli senza nuvole,
Nuvole che tuonano la forza,
Forza che tuona la mia nuova vita.
Devi essere forte, ripete il mondo
Devi esser più forte, ripete senza sosta;
Dimentica chi sei o chi sei stata,
Solo metà però, solo a metà.

Le tastiere delle vostre anime
vi suggeriscono di lasciarvi nascondere
I movimenti tortuosi dei vostri polsi
I vostri sacri discorsi senza vento privi di pietà,
Nel vostro mare di onde placide
Che planano su di me.
Che Planano su di me.
Ancora planano su di me.

E nel guardare immenso
del mio metro per un metro
I miei temporali diventano tempeste
Le vostre mani alla deriva sono scomparse,
Si sono dunque dissolse le ossa,
Li proprio dove si sono create.
Li  è caduto l’inverno, che un giorno sarà primavera
Ed Io scorgo nel futuro una pace a voi sconosciuta,
Che vi offro, che mi sono donata, sconfitta e felice.

Costantemente combatto, bombardieri su di me,
E mi dissocio dalle vostre armi,
Cercando un piccolo pezzo di umanità,
Mi ascolto, mi domando e poi chiedo
La notte mi abbaglia nei silenzi di nebbia
Nelle frasi frustrate che mi dipingono di nero
Nelle corsie prese di fretta
In quelle corse piene di livii invisibili.

Volti in fiamme  che accrescono il martirio
senza margini di sodalizi, senza benefici
Colme di uno straziante delirio.
Perdono me stessa e perdono loro
E l’inettitudine di tutti gli individui
Che siamo nulla se ognuno di noi è solo,
Che il vento ci porti da qui molto lontano.



venerdì 19 ottobre 2018

Orizzonti esplosi

Notte calante in te mi spiego,
Ombre su ombre che respingono il sereno,
Il cuore si allaga morbido di fiele,
Il buio mi scorta verso la prossima strada.

Scendono dal nero cielo luminose speranze.
Scendono dal cielo oscuro assolte sconfitte.

Nel vuoto immobile mi cerco più forte,
Nel freddo che arriva mi scopro sconfitta.

Fluttuano stelle di forte ardore
La strada è lunga e piena di note,
Intraprendere il sogno della vita voluto.
Essere il meriggio che soffre di pianto,
Divenire vita nel più piccolo anfratto,
Correre ancora senza un domani
Senza lasciarvi  che un’ istante di quiete.

Ma io sento nel ventre il profondo invadermi.
Sento nell’anima il mondo accogliermi,
E ancora mi perdo nel mio me infinito,
Che non c’è salvezza se gli occhi poi cedono.

Ammiro le mani forgianti di lotta e coraggio,
Mi scoppiano in petto milioni di astri,
E mai dirò addio senza dire addio,
Che il vuoto è vuoto se non si ha coscienza
ed io vedo orizzonti infiniti.

Poi tutto strilla e la magia muore
In quest’attimo fatto di troppe persone.

sabato 18 agosto 2018

BARCA DI SOLE


Ed il cuore divenne una prigione di cristallo e cenere,
Vento tra le dita e odore di salsedine  tra le ombre lunghe
Che svelano il cammino.

La luna che ti ha scottato il cuore, e l’anima urla i fallimenti dell’uomo ;
Piccolo , fragile , terrorizzato dala solitudine.

Rincorro con le vele svelate  il rincorrere dell’onda,
E divengo roccia e incanto di stelle .

Qui dove la perfezione è letale ma è finto l’incanto della barca di sole.

martedì 17 luglio 2018

Zen urbano

Ho trovato il mio spazio zen urbano.
Tra una zona pedonale ed un incrocio ,
Osservo seduta a gambe incrociate su di un panettone di quelli fatti di cemento
Il cielo.
Il mondo muoversi, le luci di posizione delle machine!
Il lampione dietro di me che si accede in alternanza;
Resta poco tempo per contemplare le stelle tra un passante vagabondo e un’auto in curva con la musica a palla.
E’un piccolo paradiso inaspettato , c’è da ragionarcisi o lasciarcisi andare.
Qui risiede il nulla e il tutto: questo ora posso supporre.
Si incrociano dentro me il buio della notte e scorribande di ragazzi che partono per andare a ballare; come per qualche altro pianeta.
Il silenzio ed il vociferare immenso che mi travolge.
Il baretto cinese che illumina la piazza in lontananza.
Persone, anime che si portano addosso tutta la loro storia mi passano alla spalle come lampi.
Guardo i loro volti e ascolto il loro sapere,
il loro silenzio urla per ogni vita!
Un milione di storie, ogni storia un milione di vite.
Ho chiesto alla barista di fare delle riprese. Con degli operatori.
Mi sa che il problema non sono io, nonostante il capoturno cinese dal nome Massimo mi abbia detto “no” per motivi non capibili,
Mi sono lasciata andare , hanno paura.
Chiedo un altra birra, probabilmente sembro una qualsiasi alcolizzata di questa periferia.
Lo sono, non lo sono, non lo so.
Gli chiedo ancora il nome, capiscono che non sono una “tresette”,
Allora lei mi dice il suo nome; l’ho ascoltato dieci volte, non l’ho capito ,no!
Il prioritario non si chiama massimo ma Yi Hai Min, o qualcosa di simile!
Hanno paura? Non lo so! Rimango su questo pensiero. Paura.
Ora il mio posto zen è silenzioso , il telefono che avevo lasciato in casa vibra; sono pubblicità!
Non guardo, sono al semi buio , finalmente la piazza si è sgonfiata,
Il mio posto zen assomiglia ora ad un lampione. Sempre più ad un lampione!

mercoledì 28 marzo 2018

Nella notte dei piedi asfaltati in cui nulla accade
Tra quei cieli blu nero che si rincorrono nelle strade di tagli e silenzi
Di morsi e inganni, rimorsi e affanni, urla mute tra cenere e nebbia.
Mi colga l’alba di neve e silenzio, nell’attimo intenso di questo freddo immenso.
Calmati, salvati, in questi giorni di controvento.

lunedì 19 febbraio 2018

INFERNO D’INCANTO

Litri di corallo esplodono negli occhi
Colmi di tramonti inafferrabili nei giorni svegli
dove esplode il giorno ferito.
Inverno.
La speranza mi buca la porta,
Passerà; mi bacerà in cielo d’estate.

Aspetterò l’ultima canzone
La lingua che batte sul portone,
L'immenso a regalarmi il perché
Della notte di codibugnoli
Tra deserti di animi e burrascose passioni.

E si risveglierà
Notte ingannevole
Nel mio cuore di neve e ardore
Onde d’argento dal sapore di nebbia
Nei cuori bucati dalle tue dita di bronzo
Che scolpiscono inverni di grigie aurore.

Dove il freddo padrone non sveglia al mattino
Sulle labbra increspate dal vento e dal vino
Rotaie di pianto sotto una luna indecifrabile
Dalla luce illusoria che si accende
Cantando il giorno di ghirlande sfiorite.

In questo più bieco incatenato sguardo
Realizzo il bacio di Giuda
Dove montagne passavano in fiamme
Trascinando i miei baci mortalmente eterni
Perdendo ogni goccio d’oceano dal viso.

La vostra cavia che sputa tre volte
Giostraio che  vendi il tuo dialetto d’amore
Nel mentre del nulla che mai se ne accorge
Dentro universi uccisi da lunghi capelli poi resuscitati.

E la mia testa si farà speranza,
Preferisco fumare il sogno smarrito
La notte che freme e dal sangue riemerge in frivoli fluttui.
Corallo di neve. Passione di un’ora.
Ti dedico il mio canto di pianto
Il mio eterno inferno d’incanto.

giovedì 5 ottobre 2017

NOTTE DI SALE


Sbatte su scogli roventi l’immensità del maestoso incanto,
Fragile ed indomabile cuore di neve e argento
Nel sole che accoglie i futuri inverosimili anneghi il superfluo, 
Sconfinato hai aperto il petto agli occhi dei mostri passati,
Rubato il vigore all’onda che infuria cantando il commiato.
Rincorrendo il crepuscolo si sono allargate le braccia,
Falce di luna rossa nel grigio nero dell’orizzonte che oscilla
E culla la notte incerta e immortale delle anime
Intrise di parole mute che urlano l’essenza dell’eternità.

Nonostante i lividi e le avversità hanno creato universi vergini
Dove esistono fiori di corallo e la gravità non ha più legge.
Essi possono volare,
Possono combattere il supplizio morale,
Hanno braccia di grafene ed espressioni ardenti,
Lacrime di cristallo denso dal sapore di miele
Nelle scarpe hanno insinuato la comprensione,
nell’oscurità dei cuori accesi un incurabile luce
e milioni di chilometri di esplosioni in espansione.



giovedì 17 agosto 2017

STELLA SORGENTE


                                                                                                                                                    13-08-2017


Silenzio immobile,
Qualcosa urla nel mio orecchio
A
ffino il mio udito in questa notte cadente
In questo cielo che danza.
Ombre nei palazzi in fiamme.
Ho visto il crollare di tutte le macerie
Ho scoperto l’immobile nel movimento instabile. Salvato il salvabile
Invocando in non eterno sdrucciolevole.
Perpetuo ti muovi lento
Io sento nel tempo il collocarsi di ogni attimo.
Poi strascichi e milioni di immagini
Vaga nel buio il pensiero indomabile,
Negli occhi del male
dei cuori assaliti di domande fragili e universi infiniti.


La terra riscalda quei sogni bambini
Ci riporta puri,
Con le dita bagnate,
Il sale dei nostri ricordi immortali di cenere e polvere 

Che ammiro nell’attimo in cui il respiro si placa,
E mi sento vivere e divento tempo.
Ritorno nel petto della mia sacra grazia
Imbevuta di sangue e innumerevoli occhi
Che guardano altrove,
Gli amici fragili alternandosi ad ore
Ed io grido il tuo nome
E poi altri mille,
Che un uomo ha una vita perfettamente imperfetta 

Nel silenzio immobile che ora mi abbraccia.

E cielo salvami da questo lamento
Arriva per tutti un giorno la stessa sirena.
La vorrei muta.
La vorrei nella notte quieta.
E cosi come il cielo si spegne
Anch’io mi spengo
nel tempo che parla del tuo cuore fragile e ferreo,
Che stringo al mio petto,
La tua anima indomabile di mille battaglie
Che leggo nei tuoi occhi
che tu vedi aridi,
Che hanno l’ardore dei demoni sacri che ti porti dentro

Che tu non lo sai
Ma sei un bagliore
In questo eterno fragile immenso.

IL SABATO ERRANTE

                                                                                                                                17-09-2010

Aspettare, condannarsi nell’attesa della speranza.
Ricordi di volti fanno da cornici a non più lacrime.
Ali di piombo trascinano la speranza dentro ad un denso fumo.
Questo credere infinito perso.
E La fiducia, l’ingenuità, si scontrano.

Chiedo all’oste di portarmi da bere, chiedo ancora di farmi compagnia,
quando ancor più la solitudine regna, combatte la voglia di mischiar emozioni!

Non ho perso il reale. Indomabile come il tempo e il suo  boia rintocca ogni attimo,
mi ricorda d’essere viva, che so amare, costantemente sognare, di conseguenza soffrire.

Spaventoso è lo sperare d’averti.
Per coscienza di perderti.
Ali dorate sorvolano i ricordi di quelle urla cieche.
Ne fanno esperienza ardente.
E il giorno e la notte si mischiano.

Incantandomi nella mia forte fragilità mi cullo, aspettando il nulla,
sorseggiando il mio cuore bambino, che si tiene per mano per darsi calore.

Regna in me la consapevolezza di un cane smarrito, distorto e lucido a contar la terra,
di un ricorrente adattarsi alle abitudini altrui, addomesticato a metà, come la falsa  pienezza crea!


venerdì 4 agosto 2017

Huge

Gli inseguimenti notturni e nel congelarmi ho ingoiato i pezzi frantumati del silenzio. 
L'arroganza dei giovani cuori ,
le solitudini di cinque minuti che ti spaventano
e i miei muri che per lo meno hanno preso forma. 
I bimbi bruno dorati del Kalahari che non piangono mai 
e le mie alluvioni interne che non hanno voce. 
E che attitudine alle sensazioni più contraddittorie , 
che non bastano tutte le stelle per placare il respiro. 
E io ti ho detto vattene mentre tra le mani racchiudevo immaginari fiocchi di polvere;
ed era il polline a farmi lacrimare. 
La Milano ripulita e in fiamme come i miei occhi tra le tue mani, 
i camion dell'esercito e i soldati. 
E ti srotolo il dolore che non riesci a capire. 
I fermo immagine di tutti i passati che ci han fatto smarrire, 
e intanto continuano a erigere palazzi , a coprirci i tramonti, le albe piangenti, i temporali rigeneranti, e le noie che non ho più. 
Guardo le bocche scalpitanti di intellettuali senza sentimenti, 
il loro ego infinito, ciechi loro quanti sapienti, 
e rotola il mio animo, che le parole sono importanti. 
In quest'epoca di freddo cinismo, 
in questo ignobile individualismo, 
in mezzo a tutto questo esisto io!

mercoledì 26 luglio 2017


Testa-Spin

L’ombra levarsi sulla tua corona di ferro,
Il fiammeggiare degli occhi aperti al cielo,
Disarmante nel rumore di questo bagliore,
Ho visto piume librarsi da ceneri spente,
Ti ho guardato guardare
In un assordante silenzio allungare il collo alle stelle,
Lo sguardo sgomento
E ora nel mio fiume interno sei eretto,
Immobile,
Statua di tutti i respiri.
Abbiamo poi rincorso i battiti ciechi,
Tenendoci a stento le mani bagnate dal tempo,
I libri cadenti
 E piccoli infarti.

Mi rinchiudo in un tuono,
                  La veste si sfalda                  

Sugli anni passati
Su quelli perduti
Per quelli ammalati e poi ricuciti.
Ti guardo nel petto,
Ci sono gli ingorghi dei tuoi mostri sacri,
E folli risate
Che sanno di neve e carbone,
Che sanno di miele,
Che san di passione.
La notte dormiente ci ha poi aperto le braccia
In bombe di lacrime

 e bombe di piogga
 E infiniti attimi aurei e imprecisi
Attaccati alle ossa.

  

domenica 30 aprile 2017

Lo sai

Lo sai che ho esagerato questa sera,
Lo sai o no?
No, non puoi saperlo,
Non sai più nulla, mai l’hai saputo.

Lo sai che sono morta per te
E poi risorta per me,
Che ho chiamato il tuo nome
No, non lo sai, e forse mai lo saprai.

Lo sai che ho sbattuto la testa
Poi anche le ginocchia, i polsi e il cuore
Li ho raccolti cantando lo sai?
No, non lo sai, almeno questo lo so!

Lo sai che ti ho amato,
Che ti amo. Che ti amerò
Che ti odio, che ti odierò, che ti perdono
Questo lo devi sapere.

Lo sai che è mattino
Che la notte non la conosco più
Che le tue braccia son diventate armi
Si questo si, questo puoi anche immaginarlo.

FORMIDABLE

Non erano formidabili.
 I loro cuori sbattevano contro qualunque ostacolo,
fosse esso una zanzara senza una zampa
o un elegante giudizio uccidi sentimenti.
Pianse lei, e poi pianse lui, piansero assieme,
e poi risero distanti pensandosi lontani
e il cuore fece un sussulto
che tremò la California, la via lattea,  e crollò interamente la tuscolana.
Il silenzio parlò più delle loro miliardi di parole
che lanciarono al vento nel tempo in cui una farfalla sbatte le ali
o una tartaruga percorre dodici volte il giro attorno al mondo.
Lei poi sola riprese nelle sue mani bucate dalle promesse tutti i sogni e diversissimi incubi,
di lui sapeva solo di sapere tutto anche se lui non lo sapeva.
o forse lo sapeva, chi potrà saperlo mai. Formidabili forse lo erano stati.
Quando arrivò il silenzio li trovò svegli;
Le voci tremanti di tutti i desideri scoppiarono in un cielo rosso rubino,
era l’alba o forse la fine del mondo nessuno potrà mai saperlo.
Si imposero di essere nulla,
correndo dietro treni presi tardi con i piedi scalzi,
ed infatti è così che muoiono i sogni- pensò lei, tra una battuta, una nota presa male, e un bicchiere mezzo vuoto.
Non erano per niente formidabili pensò lui,
entrando nella sua macchina nuova che l’avrebbe portato a dieci chilometri dal suo letto.
Quel letto pieno e stanco.
Lei invece non ci dormiva la notte.
Nè nel suo letto né in nessun altro letto.
Era diventata come uno di quei super eroi o mostri che non hanno bisogno di dormire la notte.
Si raggomitolava più che altro, alle sue braccia, ai cuscini, ai cuori aperti,
ai tg pieni di sventure, ai film di nicchia, a dieci libri comprati assieme e letti a metà,
alle irriverenze, ai tuoni e ai temporali dei giorni dipinti di blu, nel blu dipinto di blu,
in cui lei cadeva laggiù.
Non erano formidabili, questo fu chiaro ad entrambi mentre rimpiangevano i baci non dati,
quelli dati in fretta, quelli dati per amore, per odio, per perdono, per un amore nuovo.
Erano lui e lei, e lei e lui, e mille mila momenti imprecisi, belli e spaventosi,
pieni di luce e di risate, cupi e piovosi, lontani e stanchi.
Erano fradici, il tempo forse li avrebbe asciugati, ma questo nessuno mai lo saprà.

martedì 27 dicembre 2016

XXVI



Città eterna che custodisci la nostra passione,
Scomoda, giovane,
di chi ha tutto da prendere e perdere.
Veloce e piena, tra rotaie che parlano al mio cuore di periferia
Silenzio immobile nel caldo ottobrino, sulle tue labbra a dir cose sbagliate e sincere,
Che non posso fermarmi.
E saliamo in alto a raccontarci come bambini dei nostri eroi sbagliati
e senza entrarci dentro sfioriamo i ponti sospesi coi nostri silenzi.
Ed io, camminandoti dietro, parlando a vanvera di vite lontane;
Ma dove volevi andare?

Correvi, correvo
Coi tuoi occhi a chiedermi in silenzio
Nella foga, rifocillarsi raccontarsi confrontarsi e il vino.
Nei mie monologhi interiori ad accompagnare i tuoi umori
E le tue sigarette che non hai mai.
E poi scoppiare, come stelle collassate arrivate alla fine
Scoppiare senza respiro, senza volto, pieni di ardore e impulsivi
Cuori vicini che battono all’unisono.
Vivi. Caldi. Nostri.
Come potevamo tornare?

Siamo andati via, eravamo in tanti, eravamo a casa
Libera bella testa calda che non sei di nessuno.
Ma risplendevamo nella luna noi.
Uniti. Pesanti, stanchi. Amanti pazzi.

Ho rifatto la strada al contrario contando fino a diecimila almeno otto volte in una  notte sola
Ho volato su km di asfalto nebbioso più viva che mai. Esausta. Scoppiando di noi. Noi tutti, e tu.
E se può esser questo un inganno,
che sia esso l’insidia più cara per cui valga la pena correre il rischio.